Via Crucis
“In questi giorni, però, il grande viale (Via della Conciliazione a Roma) sta assumendo un altro aspetto, quello della Via Crucis.
Quattordici stazioni con figure a grandezza naturale spiccano infatti su uno dei suoi larghi marciapiedi. Realizzata in bronzo usando la stessa tecnica a cera persa di Brunelleschi e Donatello, la Via Crucis comprende 49 statue e 11 croci, le stazioni più grandi del mondo. Gli scultori, Pasquale Nava e Giuseppe Allamprese, hanno lavorato a questo progetto dal 2002. Le sculture sono state concepite e modellate nel grande laboratorio della Domus Dei, proprietà della Congregazione delle Pie Discepole del Divin Maestro, che produce opere d’arte e oggetti liturgici per le chiese. La Via Crucis è stata commissionata per la città di Coquimbo (Cile) dalla “Fondazione Croce del III Millennio”, nata dopo la visita di Giovanni Paolo II nel 1987 per raccogliere i frutti del viaggio papale.”
Da “La via Crucis più grande del mondo” di Elizabeth Lev (www.zenit.org/article-28.03.2011).
Biografia
Giuseppe Allamprese è nato a Potenza nel 1951 ma vive a Roma. Laureatosi in Lettere presso l’Università La Sapienza di Roma, prima di dedicarsi alle arti figurative ha avuto interessi diversi quali l’insegnamento e la psicoanalisi,
formandosi presso la scuola di Sandro Gindro. Diplomatosi successivamente in Scultura presso L’Accademia di Belle Arti di Roma ha studiato disegno con il maestro Gianluigi Mattia ed ha intrapreso a tempo pieno la professione dello scultore. Ha partecipato all’edizione del 1991 della Biennale di Arte Sacra di Venezia.
Ha organizzato personali a Bolsena col patrocinio del Comune (1995), a Roma presso l’Istituto Italo-Latino americano (1997) ed a Fermo presso la B.U.C. Machinery (2013). Ha preso parte a diverse mostre d’arte sacra tra cui ”Santi Patroni del Lazio” (itinerante 2003), “Le radici cristiane della spiritualità europea” (Fermo 2005) e “Non di solo pane” (Roma 2009), curate da Stefania Severi. Dal 1993 al 2013 ha collaborato come scultore presso l’azienda di arte sacra Domus Dei di Albano Laziale. Ha realizzato interventi scultorei nella ricostruzione del Teatro Petruzzelli di Bari con lo Studio Forme di Roma ed ha preparato modelli per il Museo delle Cere di Roma.
Principali opere di scultura, realizzate per enti e istituzioni pubblici e privati:
- Gruppo bronzeo di Cristo deposto con angeli per il Santuario dei SS. Martiri di Toronto (Canada)
- Busto in bronzo di Italo Gemini per l’AGIS di Roma.
- Monumento bronzeo a Padre Pio per la piazza del Comune di Paduli (Benevento)
- Portone bronzeo per la chiesa delle Suore Clarisse in Fara Sabina (Roma)
- Erma in bronzo raffigurante Aristofane per il Liceo Classico “Aristofane” di Roma.
- Statua colossale della Vergine (altezza m. 6,5) collocata sul Monte Vetere a Montescaglioso (Mt).
- Gruppo bronzeo de “La Pietà” per il St. Ambrose Parish nell’ Hampton Grosse Point Park –USA.
- Portone centrale in bronzo per la Chiesa di Maria Ss.ma del Rosario di Pompei a Salerno.
- Bassorilievo in bronzo dedicato allo psicoanalista Sandro Gindro per la piazza del Comune di Rivarossa Canavese (Torino), nel 2002.
- Via Crucis monumentale composta di 52 statue in bronzo di 2 metri ciascuna per il Santuario Cruz del Tercer Milenio di Coquimbo (Cile), esposta a Roma in via della Conciliazione in occasione della Pasqua 2011.
- Portone centrale in bronzo per la Chiesa di Santa Maria dell’Abbondanza a Decorata (Benevento), nel 2015.
- Bassorilievo celebrativo per il 2° Centenario dell’Arma dei Carabinieri presso l’atrio della Sede del Comando Generale dell’Arma a Roma, nel 2016.
Note critiche
"L’antico filosofo medioevale diceva che la filosofia è l’ancella della teologia. Io dico che la salute è l’ancella dell’arte; però potrei anche dire che l’arte è l’ancella della salute: in realtà è vero che l’una guida verso l’altra, senza che necessariamente una venga prima dell’altra. L’arte produce salute e la salute produce arte. Forse arte e salute coincidono. Quale salute? La salute dell’anima, o, se si vuole, della psiche. È vergognosamente empio pensare che l’arte possa essere il prodotto di una mente malata, sconvolta e distrutta. Chi è pazzo non può essere un artista.
Almeno nel momento in cui un uomo riesce a comunicare con gli altri attraverso il linguaggio dell’arte egli diventa sano, quale che sia l’etichetta che gli è stata appiccicata addosso.
La salute e l’arte di Pino Allamprese vengono di molto lontano: prima gli studi di letteratura all’università, poi l’incontro con la psicoanalisi ed infine l’Accademia delle Belle Arti e la pratica delle “botteghe” dove con l’energia e l’entusiasmo di un artigiano ha imparato a dominare la creta, il bronzo, il marmo e il legno. Le sue opere sono profondamente sane, prive di qualsiasi orpello che sappia di trucco o di artifizio. Se è vero che “è del poeta il fin la meraviglia” tuttavia questa non va confusa con lo stupore degli sciocchi che tanto più ammirano quanto meno capiscono e quanto più si annoiano.
In queste opere si riflette la meraviglia di chi è felice di vedersi raccontare con intensità e sensualità un po’ di quel mondo che spesso ci sfiora e di cui raramente ci accorgiamo. La mano di Pino Allamprese produce forme robuste e calde, tenere talvolta, quasi sprovvedute; altre volte aggressive. Il gesto è sicuro; i corpi, spesso nudi, si rivelano nella loro fisicità anche quando sono vestiti. La nudità in queste sculture non è quella del gioco che ammicca oscenamente, ma è il coraggio di chi scopre e rivela corpo e anima nella loro compiutezza, come nelle opere dell’antichità classica. Della classicità non si ritrova qui imitazione o parodia, ma piuttosto il desiderio, un po’ nostalgico, di un erotismo che si vorrebbe eguagliare. L’antica ispirazione diventa anche il punto di partenza per una ricerca, tutta attuale e personale, di un equilibrio che rifiuta la compassatezza per trovare una personale serenità di espressione. Quello che c’è di drammatico appartiene alla vita del mondo in cui tutti ci ritroviamo; ma non è il dolore che esaurisce un discorso che, immerso nella realtà, cerca di andare sempre un po’ oltre."
Sandro Gindro